La storia

UNA SPEZIA CHE VIENE DAL MEDIORIENTE PASSANDO PER IL MEDIOEVO

Per raccontare la storia dello zafferano prodotto all’Aquila è necessario considerare gran parte della storia della città dell’Aquila in quanto il destino dell’uno influenzò la sorte dell’altra e viceversa.

Il più antico documento che testimonia la coltura e il commercio dello Zafferano dell’Aquila è un diploma di re Roberto d’Angiò del 1317 con il quale risponde positivamente ad una supplica dei mercanti aquilani di zafferano di proibire ai doganieri del luogo una seconda gabella (imposta) arbitraria gravante sulle merci preziose e quindi sullo zafferano (Antico Archivio Aquilano, V42, c.16v-17r).

Tale produzione e commercio non potevano essere più antichi in quanto è con la fondazione della città dell’Aquila nel 1254 che si creano nuovi flussi commerciali di produzioni agricole prima impensabili. La presenza della coltura dello zafferano non sarebbe stata compatibile con una economia di pura sussistenza. L’Aquila, grazie ad un privilegio del 1376 ottenuto dalla regina Giovanna I con il quale veniva confermato quanto concesso da re Roberto d’Angiò in precedenza, diventa una specie di zona franca esente dalle gabelle (imposte) e dalla quale era estremamente conveniente importare e esportare merci. Inoltre, la frenetica attività mercantile che correva lungo la via degli Abruzzi ovvero lungo l’asse Napoli-Firenze aveva determinato degli accumuli di capitali che dovevano essere reinvestiti.

Gli investimenti dei mercanti imprenditori erano articolati e differenziati fra greggi, pascoli, zafferano, appalti di gabelle, lana e seta. In questo contesto, per favorire l’afflusso di denaro fresco da reinvestire nella zona gli aquilani idearono e utilizzarono il meccanismo della società in accomandita che veniva utilizzato, forse inconsapevolmente, nell’antico contratto di soccida.

All’epoca si usava considerare L’Aquila come il principale centro europeo di produzione della preziosa spezia e giungevano in città i mercanti veneziani, fiorentini e milanesi. Inoltre, fra i più golosi consumatori di questa spezia è necessario menzionare i tedeschi di Norimberga che ad un certo punto preferirono non avere più l’intermediazione dei mercanti veneziani e intorno alla metà del XV secolo si stabilirono con una propria rappresentanza nella Città dell’Aquila.

Secondo uno studio effettuato dallo storico giapponese Hidetoshi Hoshino sui rapporti economici tra l’Abruzzo aquilano e Firenze nel Basso Medioevo, risulta che: “Un’altra merce importante quanto la lana e la seta era lo zafferano, preziosa spezia richiesta particolarmente nella zona germanica, il cui commercio era assai fiorente in alcune fiere di carattere internazionale, quali quelle di Ginevra nel sec. XV e di Lione del sec. XVI.

L’attività esercitata dai mercanti norimberghesi in collaborazione con quelli aquilani per l’esportazione dello zafferano risale, secondo i documenti, agli anni ’40 del Quattrocento. Tuttavia, fino agli ultimi anni dello stesso secolo, quando si insediò all’Aquila una grossa colonia di mercanti germanici, al commercio partecipavano molti mercanti fiorentini che inviavano il prodotto a Ginevra, a Lione e a Venezia per via terrestre, passando per Firenze e Bologna. La merce poteva essere spedita naturalmente anche per via marittima, dalle città portuali abruzzesi a Venezia, dove risiedevano i grandi mercanti delle Germania meridionale.”

Per i tedeschi, la migliore produzione di zafferano, in Italia, si aveva in Abruzzo, che forniva i mercati di grandi quantità dello zafferano “zima”, che poteva considerarsi il migliore d’Europa, ricercato assieme allo zafferano “ort” aragonese.

Il XV secolo fu per L’Aquila il periodo di maggiore floridezza economica, culturale e spirituale: nel 1454, per volere di San Giovanni da Capestrano e di San Giacomo della Marca si pose la prima pietra della Basilica di San Bernardino da Siena, dove tutt’oggi riposa il corpo del santo, la cui costruzione fu finanziata anche grazie ad una gabella sullo zafferano; nel 1458 re Ferrante I d’Aragona firma il decreto con il quale concedeva alla Città il diritto di aprire una propria Università; nel 1481 Adamo da Rotweil, allievo di Johannes Gutenberg, inventore della stampa a caratteri mobili, apre nella città dell’Aquila una tipografia. Insomma, tutto sembra contribuire al rinascimento della Città: la cultura, l’arte, lo spirito, il commercio e il benessere generale.

Lo storico Gian Michele Bruto, nel secondo volume delle sue Florentinae Historiae del 1562 scrive: “Aquila è una città dell’Abruzzo nota agli italiani e agli stranieri perché i suoi abitatori coltivano un territorio fertile a zafferano, del quale gran copia ogni anno manda nei paesi lontani. La città d’Aquila era fertilissima, e fra le più ricche di quelle regioni, a causa della gran gente, che da ogni parte vi conveniva per comprare lo zafferano, del quale come dicemmo, quel territorio è fecondissimo.”

Il medico romano Castore Durante, nel suo volume dal titolo Herbario Nuovo del 1585 scrive: “Lo zafferano seminasi negli horti & nei campi trasponendo le sue cipolline in terreni leggieri: tiene il principato in Italia L’aquilano .”

Il maggior volume di produzione dello zafferano si ha nel XVI secolo, ed esattamente a cavallo degli anni 1583 e 1584. Ma è proprio in questo secolo che a causa di una serie di guerre, di alcuni terremoti, della peste e delle sempre maggiori gabelle imposte dai monarchi spagnoli che si attivò un lento ma inesorabile declino della produzione dello Zafferano dell’Aquila.

In particolare fu Carlo V a togliere alla Città dell’Aquila i privilegi acquisiti nel passato e gli aquilani, nell’estremo tentativo di difenderli subirono nel 1529 un saccheggio da parte del principe Filiberto d’Orange, viceré del Regno di Napoli, che in rappresentanza di Carlo V, diede l’ordine di costruire ad reprimendam aquilanorum audaciam il castello-fortezza dell’Aquila e impose alla Città il cosiddetto taglione di 100.000 scudi necessario per la costruzione dello stesso. Gli aquilani non sapendo come pagare questo taglione accettarono un’offerta dei commercianti tedeschi che si resero disponibili ad anticipare parte di tale somma in cambio dell’esclusiva e del controllo del prezzo dello zafferano.

Con il passare del tempo e in mancanza di un libero mercato, la coltivazione si ridusse di anno in anno fino ad arrivare nel 1646 ad 1 kg contro i 4000 kg di due secoli prima. Durante la dominazione dei Borboni nel Regno di Napoli ci fu una graduale ripresa della coltivazione dello zafferano che si è drasticamente ridotta nel XIX secolo.

Oggi lo zafferano è prodotto da pochi coltivatori localizzati prevalentemente nella zona della Piana di Navelli e commercializzato da poche aziende agricole fra cui l’Antica Azienda Agricola Peltuinum di Prata D’Ansidonia che, dando minor peso agli aspetti quantitativi, si focalizza sul raggiungimento degli standard di qualità che da secoli rendono lo zafferano prodotto nel territorio dell’Aquila con la modalità annuale un prodotto unico e ricercato dai più esigenti buongustai del mondo.

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